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I 15 finalisti di #culturability4 L'intervista a Cose Mai Viste

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Nel 2016 le associazioni Asnada e Nuovo Armenia vincono un bando del Comune di Milano per la concessione gratuita per 30 anni dell'ex stalla di villa Hanau, nel cuore di Dergano e Bovisa, quartieri periferici della città. A queste realtà si aggiunge poi Gina Films, che si unisce al progetto per creare un centro multiculturale e multidisciplinare che diventi spazio di riferimento per la vita del quartiere. Per queste tre realtà inizia così un percorso condiviso, che ha conosciuto ulteriori sviluppi con la selezione tra i finalisti del bando culturability.

Cosa sono queste “cose mai viste"?

“Cose Mai Viste" sono quelle che accadono quando il linguaggio del cinema incontra sperimentazioni didattiche sulla lingua italiana in una cascina abbandonata nella periferia nord di Milano, nel quartiere di Dergano. Sono l'area pedagogica con scuola di italiano che fa ricerca sulla lingua, la sala cinema con i film in lingua originale e il foyer/bar per progettare e sperimentare attività culturali trasversali a pubblici e linguaggi. Sono la ricerca collettiva di parole e significati che dipingano uno stare insieme che ancora non è stato immaginato e il piacere di lavorare spalla a spalla a partire da quello che c'è, costruendo con lentezza una convivialità inedita, invitando al passaggio e alla sosta persone che altrimenti non si incontrerebbero mai.

Asnada, Nuova Armenia e Gina Films: tre organizzazioni con competenze diverse, che vanno dal cinema al sociale. Chi siete e com'è nata questa collaborazione?

Asnada ha origine come scuola di italiano, poi negli anni si sono aggiunte attività mirate a legare processi di apprendimento della lingua a quelli di integrazione, assieme alla ricerca sulla connessione tra parola, lavoro artigianale e sviluppo di un pensiero collettivo. Nuovo Armenia ha competenze legate al cinema, dalla sceneggiatura alla regia fino alla produzione, con una forte propensione per i film extraeuropei come via d'indagine di immaginari alternativi ai più noti, in particolare per quanto riguarda il tema della migrazione. Gina Films è, invece, una casa di produzione e distribuzione cinematografica. Tra le altre cose, ha realizzato “Io sto con la sposa" (il documentario selezionato al Festival del Cinema di Venezia e in oltre trenta festival in tutto il mondo) e adesso sta distribuendo la pellicola “Per un figlio" del regista Suranga Kutugampala (sostenuta dalla Cineteca di Bologna, vincitrice del premio Mutti, selezionata al Pesaro Film Festival e al Tallinn Film festival).  Tutte e tre le realtà sono fortemente radicate nella zona 9 del Comune di Milano. Avendo trovato affinità negli interessi e nelle modalità di lavoro, negli ultimi due anni abbiamo fatto convergere passioni e competenze in progetti comuni, come la rassegna di Cinema di Ringhiera, dove l'inchiesta sulla paura nel quartiere organizzata da Asnada ha fiancheggiato e sostenuto le proiezioni di film in lingua originale proposti da Nuovo Armenia. Dall'elaborazione condivisa di contenuti, la collaborazione si sta ora sviluppando nella progettazione delle strutture organizzative necessarie a fronteggiare gli aspetti gestionali e logistici di “Cose mai Viste".

 Come avete iniziato a lavorare sul quartiere Dergano, nella periferia nord di Milano?

Asnada e Nuovo Armenia conoscono e operano da molto tempo nel territorio di Dergano e Bovisa, sia formalmente attraverso progetti strutturati, sia informalmente: parte del team vi abita, convidendo con i cittadini i problemi e le risorse che il territorio conosce. Lavorando insieme è emerso il desiderio comune di portare la cultura laddove abitualmente si cerca una risposta di stampo sociale, ossia in una diffusa condizione di solitudine e di disgregazione del tessuto umano della città. Quando il Comune di Milano ha messo a disposizione la cascina, abbiamo pensato che fosse il luogo giusto per lavorare in questa direzione: un piccolo centro nel cuore del margine della città. In particolare, siamo convinti che sia fondamentale avere un luogo fisico dove possano trovare spazio incroci imprevisti e scambi inattesi. Grazie all'ampio spettro delle attività che lì convergeranno e alla nuova programmazione settimanale, pubblici molto diversi tra loro avranno modo di incontrarsi casualmente all'interno del medesimo spazio, imbattendosi in proposte culturali e sociali non programmate.

A quali attività state pensando per creare questo incrocio di persone differenti?

Intendiamo valorizzare le lingue madri delle tante comunità presenti in quartiere attraverso film in lingua originale, narrazioni di storie in doppia lingua, corsi di lingue extraeuropee, utilizzare diversi linguaggi, cinema, teatro, canto, stampa serigrafica, silente book, incisione, inchiesta sociale, per raccontare, conoscere e condividere. Vogliamo avviare la gestione di uno spazio conviviale aperto alle cucine extraeuropee, ma mai schiacciato dentro i recinti etnici. Costruire percorsi seminariali atti a meglio conoscere le dinamiche locali in connessione allo scenario internazionale, presente e passato. Produrre e distruibuire film atti a sensibilizzare l'opinione pubblica su temi connessi alla migrazione.

 Qual è l'idea di cultura che vi rappresenta e vorreste rendere concreta nel vostro spazio?

Ci anima il desiderio di una cultura in continuo movimento, capace di incontrare l'estraneo e di coglierne ombre e luci. La cultura di un territorio non è data solo da ciò che vi era in passato e da ciò che vi portano festival o fiere: è un processo continuo di apertura e assestamento, di conoscenza del nuovo e di rivisitazione di ciò che già c'è. È curiosità, approfondimento, piacere di essere parte di una storia in continua costruzione. Cultura è quindi passione civica, amore per un territorio, l'esperire una diversa possibilità di stare insieme. Come ha scritto l'architetto Stavros Stavrides, “forse la città dei margini può diventare l'equivalente spaziale di un progetto di emancipazione, basato sulla negoziazione tra identità diverse ma aperte, nel processo di inventare collettivamente il futuro".

 Quale storia c'è dietro l'ex stalla che state, pezzo dopo pezzo, recuperando e riattivando?

Lo spazio nasce alla fine dell'800 come stalla di pertinenza della villa Hanau, attualmente sede del Municipio di zona 9 del Comune di Milano. Fino a una decina di anni fa, la struttura è stata utilizzata come sede degli uffici dei vigili e magazzino del reparto strade. Al piano superiore erano attivi degli uffici, mentre il giardino è stato usato come deposito per il materiale di scarto dal rifacimento di vie e piazze della città (sanpietrini, vecchie targhe di marmo, lastre e blocchi di pietra). Negli ultimi anni, la cascina è stata utilizzata da persone senza fissa dimora come alloggio temporaneo e il nostro team l'ha trovata in uno stato di forte degrado: lo scenario che ci siamo trovati davanti una volta entrati era costituito da rifiuti, parti pericolanti e incendiate. Per i primi lavori abbiamo coinvolto amici, famiglie e maestranze che ci guidassero. In questo modo, abbiamo recuperato una parte del piano terra, una stanza, un bagno al primo piano e parte del giardino, è stato rifatto anche l'impianto elettrico di tutta la struttura.

La festa di chiusura di Cinema di Ringhiera si è tenuta in Cascina, ci sono state già altre occasioni di apertura al pubblico?

Sì, a partire da maggio 2017 abbiamo promosso alcune iniziative, le principali due sono state un primo grande pranzo di raccolta fondi in collaborazione con la comunità senegalese e la serata di chiusura della nostra rassegna cinematografica diffusa nei cortili di Dergano appunto, con narrazioni in doppia lingua, proiezione di un film salvadoregno e una grande festa a seguire. La cascina ora apre quasi ogni giorno le sue porte, ospita i nostri incontri di coordinamento e le riunioni del gruppo di progetto per le fasi di ristrutturazione e progettazione. Abbiamo avuto anche modo di organizzare una serie di incontri aperti e di visite guidate per illustrare al quartiere gli spazi e il progetto. Un collettivo di architetti e diversi professionisti hanno collaborato per allestire gli spazi contestualmente agli eventi e per sviluppare con noi un pensiero coerente sulla ristrutturazione a lungo termine.

 Come vive la comunità locale le azioni che state portando avanti? 

Essendo l'immobile contiguo e comunicante con il parco di Via Livigno, dove ogni giorno centinaia di bambini giocano, la notizia del cambio di gestione è stata accolta con evidente piacere e molte persone sono passate a sbirciare: dagli abitanti del quartiere ad alcuni consiglieri del vicino Municipio di zona, da appassionati di lavoro manuale ad associazioni curiose di vedere al più presto quel luogo riprendere vita. In più, anche grazie alle forme di coinvolgimento create con i nostri progetti, abbiamo attivato una rete di relazioni informali che ha già dato i suoi primi frutti. Nei momenti chiave della rigenerazione della struttura hanno risposto in numerosi, professionisti e non, alle call per la partecipazione ai lavori. Fra aprile e luglio si sono avvicinate a “Cose mai viste" nuove associazioni, gruppi professionali, singoli cittadini e grandissimo seguito hanno avuto le prime due iniziative. In una futura fase più strutturata dei lavori, speriamo che la cascina diventi un punto di incontro per i cittadini e le associazioni di quartiere, capace di mettere in connessione e in dialogo elementi di cultura già attivi ma isolati tra loro, e di rispondere al bisogno di spazi della collettività, fondamentali per sviluppare quel senso di appartenenza che abbiamo rilevato essere scarso nelle nostre recenti indagini sul territorio.

Siete tra i 15 finalisti di culturability, selezionati tra 429 progetti arrivati da tutta Italia. Qual è stata la reazione a questa notizia?

La notizia della prima selezione è arrivata nel pieno dei lavori di auto-ristrutturazione, eravamo in tre o quattro in furgone alla Fabbrica del Vapore per portare in cascina un enorme tamburo regalatoci da Studio Azzurro. L'entusiasmo è stato grande, abbiamo interrotto tutto per fare immediatamente telefonate frenetiche agli altri membri del team. Eravamo molto soddisfatti, è stato il primo riconoscimento del progetto al di fuori della rete cittadina milanese. Nei giorni seguenti abbiamo scritto all'Assessorato alla Cultura e alle Politiche Sociali. Con l'assessore alla cultura di Milano, Filippo Del Corno, presente anche alla presentazione di culturability, abbiamo avuto un proficuo scambio di mail e alla prima occasione pubblica è venuto a trovarci. Progettare è impegnativo, ma soprattutto è un lavoro sotterraneo, nascosto, che emerge agli occhi di tutti solo quando si raggiunge l'obiettivo, quindi, per forza di cose, non sempre. Con il bando il nostro lavoro è venuto alla luce anche sui social media con grande chiarezza e l'impatto è stato molto forte. Siamo stati contattati da numerosi amici e realtà che sono interessati ad intrecciare collaborazioni e ad attivare reti, e questo ci ha dato una grande spinta a portare avanti con vigore il progetto. Nel quartiere la percezione della cascina ha iniziato a cambiare, sentiamo grandissima curiosità e voglia di partecipare alla sua trasformazione. Da spazio di paura la cascina diventerà spazio di inedite convivenze.