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I 15 finalisti di #culturability4 L'intervista a Giardini Luzzati: Lo Spazio Del Tempo

​Nel cuore di Genova, sulla collina Sarzano, si nasconde un'area archeologica risalente a più di 2000 anni fa. Al sito serve una voce e servono dei corpi per narrare la propria storia. Per farlo si è attivato da pochi mesi un partenariato composto da diverse organizzazioni, al quale il Comune ha concesso la gestione dello spazio, con l'intento di trasformare il sito in un luogo di promozione culturale.  

Dietro il progetto un team eterogeneo con competenze trasversali, dall'archeologia alle arti performative passando per il sociale, che in questa intervista si racconta e ci parla del loro percorso.

 “Area Archeologica Giardini Luzzati: Lo Spazio Del Tempo". Il nome del progetto svela già molto della vostra idea.

I Giardini Luzzati sono un'area polifunzionale, denominata anche Spazio Comune, attrezzata con giochi per bambine e bambini, un bar e un ristorante, orti urbani e un campetto da calcio dove ogni giorno si pratica sport, si organizzano concerti, laboratori, attività per famiglie, teatro e itinerari culturali. Al centro c'è un anfiteatro romano del I sec. d.C. e resti della Genova medievale: un'area archeologica che siamo sicuri abbia il potenziale per diventare un luogo simbolico dell'identità dei genovesi e un simbolo riconoscibile per chi viene da fuori. Lo Spazio del Tempo è il processo messo in campo dalle organizzazioni già attive nell'area, nato per amplificare la vocazione culturale di questo spazio. Ci siamo resi conto che in pochi conoscevamo l'importanza del patrimonio che avevamo attorno e allora ci siamo detti: “questo spazio deve poter entrare a pieno titolo nel sistema di Spazio Comune e, allo stesso tempo, deve poter essere un'occasione per quest'ultimo di entrare maggiormente nel sistema città".

Com'è il recupero del sito archeologico? 

Le indagini archeologiche sono iniziate nel 1992, mentre erano in corso i lavori per la costruzione di un parcheggio sotterraneo. Purtroppo per gli imprenditori edilizi, le “pietre morte" hanno avuto la meglio. Sono i resti archeologici che hanno salvato la collina. Il resto l'ha fatto l'ostinazione di chi non si è rassegnato a lasciarla in balia dello spaccio e della microdelinquenza, non ha voluto vedere i reperti impacchettati e chiusi in un edificio fatto apposta per nasconderli, anziché mostrarli. Gli ostinati in questione non sono solo le organizzazioni dietro al progetto, ma anche e soprattutto le mamme, i bambini, i giovani, gli studenti e tutti gli abitanti che vivono il quartiere. Anche se in realtà c'è ancora poca consapevolezza sulla storia di questo luogo, il sostegno è arrivato da parte di tantissime persone, sia da chi nel centro storico ci vive da generazioni, sia dai nuovi arrivati, dai facoltosi, dai migranti, dalle famiglie, dai ricchi, dai belli e dai brutti.

Archeologia, cultura, sociale. Sono tanti gli ambiti da cui provengono i professionisti raggruppati nel team del progetto.  Com'è nata questa collaborazione?

Durante la gara per l'affidamento dello spazio Giardini è avvenuta una contaminazione tra le passioni dei cittadini e le competenze dei professionisti che ha sorpreso anche noi. Ognuno operava nell'area portando avanti le proprie attività ed è stato sorprendente scoprire come ciascuno poteva contribuire fortemente a migliorare il lavoro dell'altro. Lo stimolo è partito principalmente dalle istituzioni pubbliche, Comune, Municipio e Soprintendenza in particolare, che nel nostro caso ha prodotto un gruppo di lavoro vivo e pulsante. Associazione il Ce.Sto, Cooperativa Archeologia e Fondazione Teatro della Tosse hanno messo a disposizione le proprie professionalità, mentre Giardini Luzzati Nuova Associazione è nata per gestire questi spazi. Tutti assieme abbiamo costituito un'Associazione Temporanea di Imprese, secondo un nuovo modello di partnership pubblico-civile, creata e gestita in modo congiunto da organizzazioni culturali e pubbliche. Gli abitanti della zona, così come quelli di tutto quanto il centro storico, hanno fatto il resto.

Attualmente l'area risulta attiva: c'è lo Spazio Comune e l'area archeologica è visitabile. Cosa vi ha spinto a partecipare al bando culturability?

Sì, l'area archeologica è oggi fruibile dal pubblico attraverso un sistema di accesso libero, visite guidate, laboratori didattici per le scuole dei quartieri circostanti, iniziative artistiche, mostre ed esposizioni. I numeri delle frequentazioni (non ci piace parlare di visite: chi viene ai Giardini “vive" un'esperienza) vanno oltre ogni previsione, ma dal punto di vista infrastrutturale e della costruzione dell'identità del luogo il cammino è ancora lungo. Abbiamo anche ottenuto alcuni finanziamenti significativi, ma noi vogliamo pensare a una sostenibilità di lungo termine: culturability può essere il punto di svolta!

Qual è l'esigenza, la necessità della città di Genova che vorreste colmare?

Può apparire forse contraddittorio in un'epoca di grande crisi dei sistemi di welfare e di depauperamento progressivo delle persone, ma il bisogno primario che leggiamo nel territorio è quello dell'identità. Le persone hanno bisogno di conoscere se stesse e gli altri per costruire modalità di convivenza che siano pacifiche e appaganti, superando le necessità percepite di tipo materiale. Cultura, conoscenza, svago, così come l'ozio, sono necessità umane e non lussi. In quanto tali, devono essere accessibili in modo trasversale a tutte le linee di frattura di genere, età, cultura di provenienza, status socio-economico. Noi crediamo che sia così che si costruisca una comunità.

Identità, modelli di convivenza, creazione di un senso di comunità. Come intendete realizzare questi obiettivi?

Attraverso le forme dell'archeologia partecipata. Vogliamo realizzare dei percorsi che permettano ai professionisti di vari settori (archeologi, studiosi, registi, artisti performativi, scrittori) di vivere esperienze in comune con chi già frequenta la piazza, famiglie, bambini e le scuole, e con chi non c'è mai stato, ma si interessa alla cultura in ogni sua manifestazione. Tutto ciò lo realizzeremo attraverso residenze che non siano solo artistiche, ma che mettano in connessione le persone. Dall'autunno 2017, attiveremo dei laboratori seguendo il metodo dell'archeologia narrativa, per scoprire e raccontare il valore e le caratteristiche del sito. In questo modo l'area avrà una voce ogni volta diversa, secondo il gruppo di lavoro che vivrà lo spazio. Il risultato di questo percorso saranno azioni performative che nascono dalla lettura del luogo, ma anche output informativi pensati dai diversi gruppi, a partire dalle sensazioni e dal vissuto nato da questa esperienza: pannelli, opuscoli informativi, video.

Le pietre antiche sono tutt'altro che morte: parlano a chi ha voglia di ascoltarle. E anche il più giovane o il meno preparato dei visitatori può interagire con l'ambiente che le conserva se messo in condizione di farlo. Non solo ricevendone un racconto storico, questo è solo la prima e la più semplice delle interazioni, ma vivendo un'esperienza umana di relazione  e conoscenza degli altri. “Meticciato" direbbero i nostri amici di MET a Bologna.

Siete stati selezionati tra oltre 429 proposte pervenute in occasione della quarta call di culturability. Qual è stata la reazione a questa notizia?

Quando si partecipa a una competizione, un risultato positivo è sempre un'iniezione di adrenalina. La sensazione nel nostro caso è stata amplificata in maniera esponenziale dalla coscienza forte del punto di partenza. Poco più di cinque anni fa rispondere a un'intervista come questa sarebbe stato inimmaginabile, ma le ragazze e i ragazzi dei Giardini si sono mantenuti tutto sommato cauti nelle loro manifestazioni di entusiasmo, sanno che il difficile viene adesso. La vera festa la faremo comunque alla proclamazione dei vincitori. Abbiamo imparato a conoscere e ad apprezzare gli altri team, chiunque sia selezionato lo avrà meritato fino in fondo. Se dovessimo esserlo noi, beh, l'Area Archeologica vivrà una notte indimenticabile. Ovviamente siete tutti invitati!