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I 15 finalisti di #culturability4 L'intervista a #RifugioBoggioLera

​Un gruppo di liceali che sogna di riattivare un vecchio rifugio antiaereo abbandonato situato all'interno del cortile della propria scuola. L'obiettivo è farne un museo delle memorie urbane, uno spazio in grado di offrire servizi educativi e turistici: dalle visite guidate alle rappresentazioni delle memorie dei testimoni della guerra grazie a delle ricostruzioni digitali. 

#RifugioBoggioLera, uno dei 15 finalisti del bando culturabilty 2017, nasce da percorso di Alternanza Scuola Lavoro che ha coinvolto due classi dell'omonimo liceo scientifico di Catania. Sette maggiorenni di queste classi, assieme a 4 “senior" (un docente della scuola e 3 membri delle associazioni partner), costituiscono il team che sta partecipando al bando e si racconta questa intervista.

Come si ritrova un gruppo di 18enni a immaginare di dare nuova vita a uno spazio abbandonato localizzato nella propria scuola? 

Tutto è iniziato da quello che a noi piace chiamare un percorso di “Alternanza Scuola Cittadinanza" (anziché di Alternanza Scuola Lavoro), che ha coinvolto circa 40 ragazzi, guidati da tre associazioni locali – Officine Culturali, Comitato Popolare Antico Corso e Centro Speleologico Etneo – un professore e un tutor. L'intento era ed è di co-progettare il futuro utilizzo del patrimonio culturale presente nella scuola, sviluppando competenze nel campo delle professioni culturali. Il Liceo è collocato all'interno di un edificio settecentesco nel cuore tardo barocco di Catania, a pochi metri dal Monastero dei Benedettini. Dopo la confisca da parte dello Stato nel XIX secolo, è stato adibito a diverse funzioni, tra cui anche sede della Questura. Nel 1937 vi fu poi realizzato un rifugio antiaereo per la difesa dai bombardamenti anglo-americani.

Che aspetto ha oggi questo rifugio? Di recente è stato usato in qualche modo?

È in stato di abbandono seppure in condizioni accettabili. L'edificio è composto da tre saloni di circa 25 mq e tre stanze di 10 mq, oltre a un ambiente un tempo adibito a sala macchine e dotato di un impianto di ricambio aria con filtri per i gas tossici (un complesso di tubi azionato a manovella) risalente al 1937. I due ingressi sono chiusi da pesanti e spessi portelloni blindati di ferro a tenuta stagna: uno dei due si apre sul cortile, dove si affacciano anche le finestre delle aule e dove gli studenti vivono i momenti di socialità della scuola, mentre l'altro conduce sulla strada. C'è anche una scala a chiocciola in ferro battuto che porta al tetto del Rifugio, quasi un giardino sopraelevato. Non ci sono finestre, ma solo delle piccole prese d'aria opportunamente protette con chiusure stagne.

Per studenti ed ex studenti è sempre stato un luogo misterioso, per gli abitanti un lontano ricordo ereditato dagli anziani. L'ex monastero che ospita liceo e rifugio è invece un mito per molti catanesi, perché fu teatro di aspre battaglie politiche e sociali negli anni '70.

Un museo della memoria urbana, ma non solo. Cosa vorreste che diventasse questo spazio?

Immaginiamo un dispositivo capace di restituire memoria, una finestra sull'assurdità della guerra e sulla risposta delle comunità subito dopo la sua conclusione, ma anche sul modo di vivere negli anni '40 del Novecento. Nonostante la pesantezza del tema, vogliamo creare un discorso accessibile e potabile, che racconti quello da cui siamo usciti e da cui dobbiamo prendere le distanze nel costruire il nostro futuro. Intendiamo realizzare un sistema narrativo e comunicativo che guardi a diversi pubblici e bisogni, che sia capace di usare linguaggi differenti per coinvolgere e condividere i contenuti trattati. Vogliamo che lo spazio sia versatile e possa ospitare gli studenti in determinati orari e giorni, in modo che diventi uno spazio di studio condiviso (co-studying), di socializzazione e di produzione artistica.

Quali esigenze sono emerse dal coinvolgimento di studenti giovanissimi, quali necessità dall'apparato scolastico? 

C'è una comunità studentesca ampia che ha bisogno di spazi e attività in cui riconoscersi, che le appartengano e non solo a cui partecipare passivamente. Creare una intrapresa culturale risponde perfettamente alle esigenze emerse dal coinvolgimento dei 40 ragazzi. Il resto della comunità scolastica osserva con curiosità l'operazione, e man mano comincia a coglierne le opportunità. Per esempio i docenti individuano nel progetto diverse possibilità per articolazioni dei programmi curriculari.

Il quartiere in cui si trova il liceo, e quindi il Rifugio, è un rione popolare in cui l'Università di Catania ha scelto di collocare il suo polo umanistico. Quale la relazione con i luoghi che vi circondano? Quale l'impatto che volete generare sulle comunità che lo popolano?

Questi due mondi, a volte in conflitto e altre in stretta connessione, sono portatori di bisogni che ci interessano. I primi, i residenti, sono spesso anziani la cui memoria è per noi preziosa. In altri casi sono giovani o famiglie con percentuali di partecipazione culturale molto bassa, per i quali una nuova attività nel loro quartiere potrebbe costituire una risorsa e anche uno stimolo, come già succede con il vicino Monastero dei Benedettini, luogo storico valorizzato dal lavoro di Officine Culturali e sede del Dipartimento di Scienze Umanistiche di Scienze della Formazione. Gli studenti universitari potrebbero essere attratti dall'escape room, una delle idee da realizzare, ma anche viverlo come ambiente di co-studying e co-working condiviso con ragazzi più giovani. In più, tutta la comunità locale così come i city users temporanei, manifestano un forte bisogno di conoscenza della città che non si limiti agli strati più noti o di superficie: desiderano percorsi alternativi, sotterranei, inediti, segreti e magari gestiti da organizzazioni giovani, attive e proattive. Lo spazio sarà attraversato da catanesi, siciliani e turisti che cercano questa tipo di forma di conoscenza, grazie anche alla circuitazione dei vicini monumenti, il Monastero dei Benedettini, il Teatro Romano, il Castello Ursino, la Manifattura Tabacchi (oggi museo archeologico).

Siete tra i 15 finalisti di culturability, selezionati tra 429 progetti arrivati da tutta Italia. Qual è stata la reazione a questa notizia?

Abbiamo diffuso la notizia innanzitutto sui canali WhatsApp dell'Alternanza e del team informale: era appena suonata la campana dell'ultima ora, quando molti ragazzi erano in giro per il quartiere, chi al panificio, chi alla fermata dell'autobus, chi al parcheggio dei motorini. Sono cominciate a rimbalzare fotografie, video e boomerang (gif animate) di esaltazione, festeggiamenti, abbracci e cori! Nel pomeriggio sono cominciate a uscire poi le notizie prima sui siti e sulle pagine Facebook dei partner, a seguire anche su alcune testate locali.