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I 15 finalisti di #culturability4 L'intervista a FaRo

​Riaprire la mediateca comunale di Rosarno, chiusa di recente dopo 16 anni di attività, per trasformarla da semplice spazio di consultazione a centro di formazione, produzione e accesso alla cultura e all'informazione, offrendo servizi utili e nuovi per la cittadinanza. Con questo intento di ricostruzione collettiva di un bene pubblico, si è aggregato negli scorsi mesi un gruppo di lavoro che si muove fra la Calabria e altre regioni d'Italia.

FaRo – Fabbrica dei saperi a Rosarno vuole essere luogo dove dare spazio alle possibilità inespresse della comunità locale attraverso l'arte, il gioco, la musica, la lettura, l'immaginazione e la costruzione di luoghi possibili come un grande cantiere aperto di innovazione.

A parlarcene Angelo Carchidi, Ettore Guerriero e Maria Carmela Greco, che stanno lavorano al progetto con Antonella Agnoli, Francesco Gaglianese ed Erica Astolfi.

FaRo prenderà vita all'interno della Mediateca “F. Foberti", un edificio simbolicamente importante: sede del vecchio municipio distrutto nel 1984 da un incendio doloso, nonché prima mediateca del sud d'Italia inaugurata nel 2000. Che cosa è successo da allora? 

All'inizio l'apertura della mediateca è stata percepita positivamente dal territorio per la novità che rappresentava e i servizi che offriva. Col passare degli anni, però, la mancanza di interventi strutturali, gli arredi obsoleti, una proposta culturale non diversificata e un progressivo disinteresse da parte delle istituzioni hanno portato le persone a disaffezionarsi, a perdere interesse. In seguito, i tanti migranti, le famiglie e gli studenti hanno iniziato a vedere nella mediateca un luogo dove trascorrere il proprio tempo e soprattutto poter accedere a internet. Grazie all'impegno e alla passione, la vecchia gestione è riuscita a rispondere a queste esigenze, ma poi la mediateca è stata chiusa nel 2016. Questi servizi di base, assieme a una nuova idea di biblioteca, devono essere riattivati al più presto e noi intendiamo farlo, andando anche oltre. Infatti, vogliamo dare nuova vita anche agli spazi che ospitano l'Auditorium Comunale e la vecchia sede dell'Antiquarium archeologico di Medma, grazie alla collaborazione con altre realtà locali. In particolare con il Museo Archeologico di Medma desideriamo avviare nuove strategie di promozione territoriale e creare un punto di riferimento per l'informazione turistica.

Qual è la vostra idea di biblioteca nuova? Vista la presenza di Antonella Agnoli nel gruppo, siamo certi che ci stiate riflettendo molto. 

Tante esperienze europee di successo insegnano che le biblioteche, non più concepite solo come luoghi per il prestito librario, possono giocare un ruolo importante nel contrastare la segregazione sociale e spaziale che viviamo oggi nelle città. Sono “piazze del sapere", luoghi di incontro fruibili gratuitamente e liberi da logiche consumistiche. FaRo vuole far parte di questa nuova generazione di biblioteche, aperte, inclusive, in grado di offrire servizi innovativi utili per la comunità. Per questo, è fondamentale che il progetto e lo spazio siano condivisi a partire dalla dal momento stesso dell'ideazione e della costruzione.

Nell'epoca del digitale la biblioteca è vista da alcuni come un'istituzione obsoleta, superflua. Non per voi. 

In Italia la percentuale di chi usufruisce delle biblioteche è la più bassa d'Europa e le statistiche sull'attitudine alla lettura continuano a essere poco incoraggianti. Eppure, forse proprio per questo, riteniamo di dover salvaguardare le biblioteche perchè, per dirla con le parole di Antonella Agnoli, rappresentano “luoghi di conoscenza, luoghi di eguaglianza, luoghi di socialità, luoghi di sviluppo". Dove le piazze commerciali falliscono, perché non riescono a proporre un modello di socialità che vada oltre la necessità di e consumare a tutti i costi, la biblioteca può costituire un'interessante alternativa.

Come nasce il gruppo di lavoro che ha ideato e lavora al progetto?

Tutti i componenti hanno preso parte alle attività di A di Città, l'associazione che ha portato avanti l'esperienza di Kiwi, Deliziosa guida di Rosarno: una guida turistica ibrida che ha coinvolto più di cinquanta cittadini e tanti artisti, sociologi, urbanisti e scrittori, che hanno raccontato la “loro" Rosarno. Assieme a me (Angelo Carchidi) e a Ettore Guerriero, tra i fondatori dell'associazione, ci sono Antonella Agnoli, che ha partecipato a Kiwi con un testo su una Piazza del Sapere a Rosarno, Maria Carmela Greco, rappresentante di una delle associazioni più attive del territorio, Francesco Gaglianese, con cui molte sono state le azioni legate all'innovazione sociale in Calabria portate avanti insieme ed Erica Astolfi, che rappresenta l'anima del team. Io, lei ed Ettore abbiamo condiviso “i banchi" del corso CRPC di Fondazione Fitzcarraldo a Torino, dedicato alla formazione di progettisti culturali, dove abbiamo avuto l'opportunità di confrontarci ulteriormente sull'importanza di certo tipo di progettazione fatta con e per le comunità di riferimento. La mediateca è stata, invece, il fulcro del percorso di Kiwi: da qui si partiva per le passeggiate nei quartieri e nei negozi della città e sempre in questo luogo trovavano sede le redazioni, i workshop e i momenti di scrittura.

Quindi FaRo nasce attorno alle persone e alle realtà che avete aggregato grazie a questo percorso?

Sì, ma non solo. A febbraio di quest'anno è stato pubblicato il libro, generando così entusiasmo e interesse anche tra molti cittadini non coinvolti direttamente nel progetto, che hanno iniziato a inviarci racconti manifestando l'esigenza di partecipare. Questo ha confermato due bisogni della collettività: raccontarsi al di là delle rappresentazioni spesso parziali della città e il desiderio di riconoscersi in uno spazio comune, anche semplicemente in un libro collettivo. La nostra volontà era di continuare a lavorare in collaborazione con la mediateca comunale, centro propulsore della redazione cittadina di Kiwi, ma ci siamo dovuti confrontare con il ridimensionamento del servizio prima e la successiva chiusura poi.

Dallo spazio virtuale del libro a un luogo fisico a disposizione dei cittadini e da essi animato. Come mai questo passaggio? Quale l'esigenza? 

Abbiamo bisogno di spazi, luoghi fisici per la conoscenza e l'interazione. Le grandi opportunità concesse dagli strumenti digitali e dal web, anche se ormai fondamentali, hanno inevitabilmente dei limiti, come per esempio quello di chiuderci in cerchie di conoscenza molto specifiche e settoriali. FaRo vuole essere una “piattaforma" per tutti, capace di donare una nuova qualità all'interazione tra persone e allo scambio di saperi.

Come intendete realizzare questa piattaforma fisica? 

Il coinvolgimento delle persone del territorio è sempre stato un elemento fondante e imprescindibile delle nostre azioni. Non possiamo parlare di rigenerazione urbana e innovazione sociale a Rosarno se la cittadinanza non diventa parte integrante delle azioni e diretta protagonista. Rosarno sente il bisogno di immaginare e realizzare nuove possibilità, identificarsi come comunità riconoscendo le proprie competenze e potenzialità. Attraverso incontri pubblici, laboratori e cantieri aperti e una redazione editoriale comunitaria, i cittadini si riapproprieranno degli spazi della mediateca e co-progetteranno le attività. Restituendo il ruolo di faro culturale e di conoscenza all'interno del territorio.

Siete tra i 15 progetti finalisti del bando culturability 2017, scelti tra 429 proposte arrivate da tutta Italia. Qual è stata la reazione alla notizia della selezione? 

Abbiamo ricevuto la notizia mentre eravamo lontani, da nord a sud, addirittura uno di noi in Francia. Ma il nostro è un team volutamente sparso sul territorio nazionale e siamo ormai abituati a gestire un certo livello di “virtualità". Abbiamo condiviso così questa gioia – fortemente sperata, ma assolutamente inaspettata – tramite telefonate e messaggi. Immediato è stato l'entusiasmo per questo primo riconoscimento della nostra proposta e la soddisfazione per aver messo in piedi un team convincente. Chiarissima è stata anche la consapevolezza di avere tanto lavoro da fare e la forte responsabilità nei confronti di un territorio raramente interessato da notizie così belle, ma anche di avere a disposizione le giuste energie. Abbiamo ricevuto congratulazioni da parte dei nostri partner e il loro rinnovato supporto per la buona riuscita del progetto. La cosa più bella è stata percepire il grande entusiasmo da parte della comunità, già affezionata ai precedenti progetti di A di Città e ora più che mai desiderosa di veder realizzata questa grande opportunità.