A Mazara del Vallo le cave definiscono un complesso di circa 100 mila mq articolato in parchi, gallerie, caverne e giardini. Dal 2013, la giovane cooperativa Periferica porta avanti un percorso sul futuro di questi luoghi, sia attraverso l'organizzazione di workshop tematici di architettura, design e comunicazione, sia sperimentando la riattivazione di uno spazio dismesso attraverso processi culturali ed artistici.
Per dare seguito alle attività e coinvolgere altri spazi, nasce Evocava, uno dei 15 finalisti della quarta edizione del bando culturability. Il progetto prevede la tutela, la valorizzazione e la promozione del patrimonio storico-naturalistico di quattro cave di Mazara del Vallo, attraverso l'apertura di un'area museale espositiva e la creazione di itinerari turistici.
Tutelare e promuovere il patrimonio storico, culturale e naturalistico delle antiche cave di Mazara del Vallo, in provincia di Trapani. Come intendete farlo con Evocava?
Da un lato, creeremo un Museo che evochi la Mazara sotterranea ibridando ambiti diversi. Dall'altro, promuoveremo itinerari turistico-culturali nelle prime cave che abbiamo coinvolto e messo a sistema. Vogliamo portare alla luce un patrimonio culturale inespresso assieme a università, associazioni e imprese, ma soprattutto coinvolgendo gli abitanti della zona in un processo condiviso di analisi, racconto e produzione.
Qual è la storia di questa cave e come si presentano oggi?
Le cave si trovano in parchi, gallerie, caverne, giardini, integrate nell'attuale tessuto urbano e a poca distanza dal centro città. Tra loro si differenziano per morfologia, età, tecniche estrattive, tracce ed evoluzioni. Si tratta di vere e proprie “macchine elastiche" che negli anni si sono adattate a diversi usi. Sono interessanti dal punto di vista geologico, storico e culturale, ma il loro utilizzo è bloccato dall'assenza di incentivi, dalla multiproprietà e dalla scarsa progettualità. Tutti elementi che hanno portato a una situazione di forte contrasto: da una parte, proprietari pubblici o privati pagano oneri per immobili dismessi; dall'altra, un grande patrimonio in buono stato di conservazione, ma non valorizzato. Ciò che vogliamo fare emergere è come sia necessario un cambio di prospettiva radicale. Questi luoghi non hanno solo un valore di per sé, ma sono e possono essere una leva per lo sviluppo sostenibile del territorio attraverso storia, cultura, arte, innovazione, cibo, tradizione, natura e artigianato.
Sviluppo territoriale che per voi passa dal coinvolgimento attivo e da un processo di creazione condiviso con le migliori energie di Mazara e della regione Sicilia.
Da sempre vediamo nella co-creazione come forma di produzione e formazione che, oltre ai risultati concreti, genera nuove relazioni. Per questo, in fase progettuale, ci è sembrato naturale pensare a un Museo non convenzionale, realizzato assieme alle persone dal disegno iniziale sino al contenuto. Ogni parte del Museo sarà sviluppata da diversi gruppi di lavoro, supervisionati da esperti del settore.
Chi prenderà parte a questo processo?
L'operazione coinvolgerà studenti di tutte le età, dalle scuole elementari agli studenti universitari, studi professionali, associazioni, imprese e università. Gli artisti promuoveranno una rilettura dei luoghi attraverso forme di arte contemporanea all'interno degli spazi mediante opere site-specific e performance, i proprietari apriranno le cave convertendo un onere immobiliare in un percentuale di ricavo generato dalle visite guidate. Quelli spazi dal valore storico, che rischiavano di essere brutalizzati dalla speculazione edilizia, grazie a Evocava possono essere tutelati da nuove forme sostenibili di utilizzo. Turisti e cittadini potranno usufruire di una nuova offerta turistico-culturale che, oltre a creare nuove chance occupazionali, mira a generare impatto sociale, culturale ed economico. È che così vediamo il museo: un dispositivo incrementale, open source e generativo che tuteli, valorizzi e promuova non solo il passato, ma anche il futuro del territorio e delle persone.
Studenti, cittadini, artisti. Perché e come coinvolgere soggetti che possono avere istanze e visioni diverse?
In anni di analisi e sperimentazione sul territorio, ci è apparso chiaro quanto il valore di determinati progetti e interventi dipenda dal livello di inclusione della comunità dentro al quale si lavora. Con un approccio trans-generazionale e multidisciplinare, attorno al coinvolgimento abbiamo programmato attività con obiettivi e modi di produzione sempre diversi, spaziando tra l'ambito artistico e sociale. Insieme ai cittadini e alla rete di creativi che orbita intorno a Periferica, abbiamo costruito eventi culturali, programmato attività formative, avviato progetti per trasformare la nostra area dismessa nel primo grande parco culturale di Mazara.
Attualmente con Evocava state costruendo un sistema che comprende quattro cave antiche situate nei dintorni del quartiere Macello. La Cava degli Umori, dove sorgerà il futuro museo, e altre tre cave: Cuore, il Giardino ed il Canale.
Il Cuore è la cava più antica del sistema, risale al 1344, ospita incisioni ed è oggi utilizzata come laboratorio artigianale. Il Giardino, con i suoi 20.000 mq, è la più estesa area verde di Mazara, mentre il Canale è sede di un laboratorio di apicoltura per la salvaguardia dell'ape nera sicula.
La Cava degli Umori fu scavata a mano fino al 1884. All'interno vi sono tracce visibili dell'escavazione e incisioni votive animano le pareti sorvegliate da un maestoso pino di 20 metri. Dopo essere stato, per oltre 20 anni, un ricovero per mezzi pesanti, dal 2013 è la sede di Periferica, da qui siamo partititi per portare avanti avanti un percorso analitico e visionario sul futuro di questi luoghi, attraverso l'organizzazione di workshop tematici di architettura, design e comunicazione. Nell'area abbiamo attivato i servizi foresteria, coworking, home restaurant, organizziamo eventi culturali e curiamo attività sperimentali strettamente legate al nostro programma di riattivazione, tra cui un festival internazionale di rigenerazione urbana, concorsi di micro-architettura, residenze artistiche. Ma è nel 2015 che ci siamo resi conto di come il sistema delle cave potesse essere l'operazione chiave per rivitalizzare il tessuto sociale del quartiere. Abbiamo mappato l'80% delle cave e sviluppato circa una decina di proposte progettuali i diversi campi: dal design, alla micro-architettura passando per l'urbanistica e dai sistemi informativi. Evocava è quindi naturale sviluppo di questo percorso di valorizzazione del territorio e delle persone.
Cosa ha significato per voi partecipare al bando?
Partecipare a culturability è stato per noi un'occasione per definire maggiormente il progetto e approfondire l'aspetto della sostenibilità, che negli anni abbiamo imparato a vedere come cruciale per obiettivi di lunga durata come il nostro. Con il bando miriamo non solo a riaprire questi luoghi, ma a porli al centro di nuovi processi culturali che siano in grado di rinvigorire il tessuto sociale della città.
Periferica è un'organizzazione formata da “creativi di ritorno", persone che dopo essere cresciute professionalmente fuori dalla Sicilia sono tornate nella propria terra per investire su formazione, cultura e turismo come vettori di innovazione e sviluppo. Qual è la vostra storia?
Siamo nati con un'associazione, e dopo un paio di anni, grazie al programma Boom Polmoni Urbani, siamo diventati una cooperativa under 30, che segue la riattivazione di quest'area e coordinerà la gestione anche di Evocava. La storia di Periferica è una storia di rivalsa, d'amore e di amicizia. Senza queste componenti, ci saremmo fermati il secondo giorno. In questi due anni, abbiamo capito che quello che era nato come una passione poteva diventare un'opportunità lavorativa. Per noi si tratta di un percorso di vita oltre che progettuale. Abbiamo aperto un cantiere fuori e dentro di noi, conoscendo ogni angolo di territorio, andando in fondo alle nostre abilità e competenze, cambiando continuamente punti di vista e limando le nostre opinioni. La nostra missione è offrire un'alternativa che tuteli e valorizzi il territorio tutto e le cave, sensibilizzando i proprietari verso forme sostenibili di utilizzo, includendo le realtà marginali e stimolando una nuova microeconomia locale.
Includere realtà periferiche, da qui il vostro claim “marginalità al centro del futuro".
Sì, viviamo le marginalità urbane, sociali e culturali come un'occasione che ci permette di sperimentare nuove modalità inclusive nel processo di rigenerazione urbana. Facendo un parallelismo con la natura, il biologo Stephen Jay Gould ha usato la definizione “equilibrio punteggiato" per descrivere un processo che porta le popolazioni “marginali" a sviluppare isolatamente caratteristiche uniche, distinguibili dall'evoluzione della corrente principale. Ciò creerebbe un vantaggio evolutivo in condizioni ambientali di cambiamento perché permetterebbe alle marginalità di sopravvivere e prosperare, mentre le altre popolazioni ne soccomberebbero. Su questi margini dobbiamo catalizzare le risorse esterne sfruttando i nuovi modelli. La parola chiave che può identificare tutto questo è apertura, di luoghi e di persone. Un'opportunità ma allo stesso tempo un rischio, perché quando ci si apre, possono entrare anche forze negative. È un atto di fiducia.
Quale idea di cultura condividete?
Crediamo nella cultura come fattore abilitante, come strumento di potenziamento delle comunità e di sviluppo dei territori, in grado di generare nuove relazioni, coscienze e punti di vista. I risultati e gli impatti che la cultura genera non sono facili da misurare, si associano difficilmente alle dinamiche economiche, ma rimangono la leva più forte per catalizzare i cambiamenti. I quadri di sviluppo tradizionale hanno in gran parte mancato i loro obiettivi o li hanno raggiunti solo con un alto costo umano. Uno dei motivi è che i tendono a sottovalutare il ruolo degli individui e della cultura nei processi di trasformazione, cosa che invece gli innovatori culturali includono visceralmente. Non vedono la povertà solo come un fenomeno economico: individui e anche intere collettività ne soffrono in altre forme, relazioni, conoscenza, strutture sociali e legali, che altrimenti potrebbero supportare giustizia, equità, e guidare le visioni per il futuro. In un contesto di forte individualismo, insicurezza e intolleranza, la cultura può essere l'unica fabbrica di fiducia rimasta per identificare negli occhi dell'altro un complice per la crescita e non un avversario da combattere.
Siete tra i 15 finalisti di culturability, selezionati tra 429 progetti arrivati da tutta Italia. Qual è stata la reazione a questa notizia?
Siamo stati felicissimi! Seguivamo il bando sin dal primo giorno di pubblicazione, abbiamo passato l'ultimo mese della call a scrutare tutte le altre candidature, cercando di capire se potevamo o meno rientrare fra i finalisti. Dentro ci abbiamo messo tutto il lavoro svolto in questi anni assieme a collaboratori, ormai amici, con cui condividiamo percorsi e speranze. Ci ricordiamo che era mattina quando ci è arrivata la telefonata in cui ci si comunicava che eravamo fra i finalisti, stavamo lavorando alla nuova stagione della foresteria. Eravamo così felici da non riuscire più ad andare avanti con la programmazione, alla fine abbiamo deciso di fare il primo bagno al mare della stagione! Tornati alla normalità, abbiamo fatto un comunicato stampa e diffuso la notizia tramite le nostre pagine Facebook. Uno degli aspetti più belli è stato vedere la contentezza dei nostri collaboratori e di tutte le persone che da anni ormai seguono il nostro lavoro: gli studenti, le maestre, i nostri vicini di casa. Per loro, prima di tutto, speriamo che il progetto vada in porto.